Gianni Carchia was een Italiaanse filosoof en universitair docent die zich toelegde op esthetica en oude filosofie. Zijn werk verkende thema's als orfisme, tragedie, erotiek en de relatie tussen kunst en schoonheid, waarbij hij zich ook boog over de legitimatie van kunst. Carchia bestudeerde niet alleen de antieke esthetiek, maar toonde ook interesse in de kunst van 'primitieve' volkeren en hedendaagse kunstenaars. Zijn inzichten dragen bij aan een dieper begrip van deze diverse artistieke en filosofische gebieden.
Exploring the profound ideas of Walter Benjamin, this intellectual biography by Gianni Carchia delves into themes such as language, historiography, aesthetics, and transcendental philosophy. It represents Carchia's lifelong engagement with Benjamin's thought, merging his early insights with reflections from his later years. Written as both his first and last work, the text captures a philosophical journey that intertwines beginnings and conclusions, showcasing Benjamin's significance in twentieth-century philosophy and Carchia's own evolution as a thinker.
"A questo libro è toccata la sorte singolare di essere insieme l'opera prima e l'ultimo lavoro di Gianni Carchia. Nella primavera del 1999, poco prima dell'aggravarsi della malattia che doveva condurlo alla morte, Carchia riprende in mano e trasforma la tesi di laurea, discussa nel 1971 all'Università di Torino col titolo 'Verità e linguaggio nel giovane Benjamin' dallo studente ventiquattrenne che già mostrava nello stile insieme nervoso e apodittico i tratti sicuri del maestro e, licenziandola col titolo 'Nome e immagine' ne fa in qualche modo il suo testamento. Inizio e fine sembrano qui, infatti, secondo un gesto autenticamente filosofico, davvero congiungersi, come se, con una sorprendente inversione, i motivi dell'ultimo pensiero di Carchia (la concezione della filosofia come evento e testimonianza, la critica del metodo, l'elaborazione messianica della fine) incontrassero per la prima volta la loro eco nella tesi giovanile. La fisionomia di Benjamin, con cui il libro si apre, è, in questo senso, un ritratto dell'autore, che ci appare sempre più come una delle voci più giuste nella filosofia italiana del Novecento." (G. Agamben)
